Gabriele
E quando l'Amore ferisce? Io resto!
Quando l’amore ferisce. Questo il tema che ci ha guidati nella contemplazione della festa dell’impressione delle sacre stimmate di san Francesco, proprio lì dove avvenne questo fatto senza precedenti, sul monte della Verna. Sono arrivato a questo evento con tanto desiderio di approfondire questo evento della vita di Francesco, apparentemente macabro e sanguinolento, ma proprio perché difficile da concepire allora certamente significativo, perché ho imparato che Dio parla proprio nei fatti della nostra vita difficili da accettare, apparentemente incomprensibili: allora così doveva essere stato anche con Francesco.
Siamo partiti, senza troppe introduzioni o giri di parole, da una domanda fondamentale: cosa è l’Amore? Un sentimento, un’emozione, un moto dell’anima, un “friccico de core” (un fremito del cuore, traduco per gli amici non romani), sentire le farfalle nello stomaco? Forse. O forse anche no. Per rispondere a questa domanda, nei due giorni del 18 e 19 settembre ci siamo fatti guidare proprio da lui, Francesco.
E abbiamo scoperto che era stato proprio il fraticello di Assisi a chiedere al suo Signore due grazie prima di morire: sentire nel corpo e nell’anima il dolore che Gesù provò nella sua Passione e al contempo l’amore che Cristo aveva per gli uomini e in virtù del quale sosteneva quel dolore (per il testo originale si consultino le Fonti Francescane al n° 1919). E l’Amato non tardò ad esaudire questo desiderio. In uno dei momenti più bui della sua esistenza, segnato da una progressiva precarietà di salute e dalla difficoltà nel tenere unite le innumerevoli e contraddittorie voci all’interno del suo Ordine, Francesco punta all’essenziale, a ciò che conta davvero, provare in lui gli stessi sentimenti del suo Signore, lo stesso amore. E lo stesso dolore. Amore e dolore ancora una volta, dopo 1224 anni, uniti insieme. L’uno spiegazione dell’altro.
Ed ecco che subito, sin dal primo pomeriggio l’idea puramente sentimentale ed emotiva dell’amore iniziava a sgretolarsi; forse c’era qualcosa di più. E questo di più ce lo ha mostrato, tradotto nella sua vita, Alessandra, donna che all’interno di un matrimonio felice inizia a sperimentare la sofferenza per una maternità tanto desiderata che però non arriva. E la vita si rabbuia, e la relazione col marito si spegne fino a che Alessandra scappa, lascia tutto e tutti. In questa fuga, nella disperazione di aver toccato il fondo, la riscoperta della fede è una luce che illumina l’anima di Alessandra, un fuoco che ne scalda il cuore raggelato, e lo sguardo di Cristo che si posa su di lei è la sorgente che le ridà la dignità di figlia amata e la forza che la riabilita a stare pienamente centrata nella sua vita così come Dio gliela dona di vivere, come le cerve sulle alte vette, nella stabilità della roccia che è l’amore di Dio. Alessandra ora è pronta per riprendersi la sua vita, così fa ritorno dal marito e vissero tutti felici e contenti. No, il lieto fine che ci aspettavamo tutti non arriva. Alessandra trova il marito stabilmente impegnato in un’altra relazione. Eppure, lei lo amava ancora, lo aveva sposato, su quell’altare l’aveva promesso a lui e a Dio che gli sarebbe rimasta fedele anche nel dolore. Alessandra non è ritornata con suo marito ma ha scelto di continuare ad essere moglie pregando ogni giorno per la sua felicità. Alessandra non ha avuto figli ma ha scelto di vivere da madre nelle sue relazioni quotidiane con gli amici, i colleghi e i familiari.
L’amore ha ferito, ancora. Eppure continua a fiorire, sempre.
Ma allora cos’è l’amore? Continuando ad interrogarci siamo scesi a Chiusi della Verna e dopo cena, al buio (e al freddo) siamo lentamente risaliti sul Sacro Monte in un silenzio che riecheggiava di domande che adesso esigevano risposte, sullo stesso sentiero che frate Francesco aveva percorso molto prima di noi, da innamorato, per unirsi sempre di più a Cristo suo amore. Unirsi totalmente a Lui, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, come fanno due sposi. Ad attenderci, Lui, lo Sposo, Gesù eucarestia che segretamente, nell’intimità dei cuori ha sussurrato a chi gli ha dato ascolto le risposte cercate. Una notte di lode, adorazione, ascolto, preghiera e riconciliazione: ancora una volta amore e dolore.
La mattina seguente ci hanno accompagnato altre parole di Francesco, “l’amore non è amato” e “Dio non è mai abbastanza”. Ripetute in silenzio per 20 minuti come un canto dell’anima che si prepara ad accogliere una Parola importante, forte: l’amore è una scelta.
Francesco conosce Cristo, se ne innamora, lo segue, ne gusta i frutti dolci e amari di questa relazione che, giunta a maturazione, sceglie di amare fino a chiedere di essere una cosa sola col suo amore. E quando l’amore ferisce resta su quel monte, ripetendo “Deus meus et omnia” (mio Dio e mio tutto) con quelle ferite che continuano ancora a fiorire nei secoli.
Cristo avendo amato l’Uomo peccatore, lo amò sino alla fine, fino alla morte e morendo lo salva. E le sue ferite fioriscono nella resurrezione.
C’è un amore che ferisce sì, ma c’è insieme un dolore che salva. Ed è per questo che quando l’amore ferisce io resto. Come Alessandra orante nel suo matrimonio. Come Francesco sanguinante sulla Verna. Come Maria piangente sotto la croce. Come Cristo morente sulla croce. E l’amore ferito fiorisce, con la grazia di Dio, splendente della Sua gloria.
Gabriele