Ragazzi dopo aver conosciuto Andrea Caschetto che sarà con noi sabato 9 aprile per la nostra #festagiovani016, è arrivato il momento di conoscere un po’ più da vicino Alberto Capannini, il nostro secondo ospite!
Alberto Capannini: 48 anni, sposato con Elena e padre di tre figli, è insieme a don Oreste Benzi uno dei fondatori dell’Operazione Colomba, che raccoglie i volontari di pace dell’Associazione Papa Giovanni XXIII di Rimini, attivi nelle zone di guerra. Attualmente sono in Palestina, Albania, Colombia e Libano. Cita a memoria intere frasi di Martin Luther King, in particolare questa: “Se un uomo non ha scoperto qualcosa per cui morire non ha ancora iniziato a vivere”.
Vi proponiamo alcuni frammenti di una bellissima intervista rilasciata per il settimanale “A sua immagine” e un video per conoscere meglio Operazione Colomba e il loro servizio per la pace!
Alberto, di solito si scappa dalle zone dove ci sono le guerre. Voi, invece, avete deciso di andarci a vivere. Perché?
Mi pare che avvenga uno scambio quando si vive con l’Operazione Colomba in una zona di guerra: i volontari con la loro presenza danno delle possibilità che altrimenti non ci sarebbero: di spostarsi, andare a lavorare, a scuola e, in cambio, ricevono un significato per la loro vita, un senso di utilità che credo manchi alla maggior parte delle persone che vivono nel nostro paese..Ma quando nasce Operazione Colomba?
Nel 1992 con la guerra nella ex Jugoslavia, un piccolo gruppo di persone decide di andare a vivere sul fronte dietro Zara, tra serbi e croati, non sapevamo esattamente cosa fare, ma capivamo di non dover lasciare sole quelle persone, esposte ai bombardamenti, all’odio, alla violenza omicida. Ci sembrava che la nonviolenza non potesse rifiutarsi di entrare nelle guerre.Com’è stato il tuo primo incontro con don Oreste Benzi?
Avevo 16 o 17 anni, lui viveva a Rimini come me, l’ho sentito parlare ad un incontro pubblico, mi ricordo come un pugno le sue parole: Dio non ci giudicherà, i poveri ci giudicheranno. Ho pensato: questo lo devo incontrare..Sostieni che i civili sono i veri obiettivi militari…
Certo, basta contare il numero dei morti nelle guerre degli ultimi decenni, si parla del 95 % di vittime tra i civili e il resto tra i militari; nessuno dice, ad esempio, che la guerra al terrorismo, dal punto di vista militare, si fa solo attaccando, uccidendo e sfollando la popolazione disarmata, come ad esempio in Colombia, dove abitiamo. Urgono soluzioni diverse da quella che fa fuori il malato insieme alla malattia…Chi sono i ragazzi che si rivolgono a voi chiedendo di essere formati per poi partire in zone di guerra e rischiare la vita?
Io dico sempre che sono la meglio gioventù italiana, non guadagnano nulla, rischiano la vita per difendere quella di persone lontane, bruciano di passione per la giustizia, sono competenti, coraggiosi… Ma i giovani non erano egoisti e incapaci di sognare un futuro? forse io ho un punto di vista privilegiato, vedo gente impegnata seria e che non cerca il successo, cerca di capire per cosa vivereTu dici che l’amore è più potente dell’odio. Quando l’hai capito? C’è stata un’esperienza che ti ha fatto maturare questa “verità”?
Mah, con l’Operazione Colomba sperimento che l’odio deturpa le persone, toglie loro umanità, principalmente elimina la capacità di incontro con l’altro e quindi anche con se stessi. Dentro me invece trovo una sete di un amore più forte della morte, cioè che neppure la morte e la violenza possano cancellare. So che esistono rancore odio e paura, in me come negli altri, ma quando vedo, nelle persone con cui lottiamo, la capacità di non odiare, di non essere contagiati da rabbia e rancore, provo nostalgia per chi potrei essere e magari non sono, mi dico; io non so se sarò mai così, ma certo questo è un uomo vero.
Nel 2001, nel Congo in guerra, abbiamo insieme ad altre associazioni, organizzato una marcia internazionale che entrasse in quel conflitto. A Butembo, in Congo, sull’equatore, il capo di uno di questi gruppi militari ha chiesto pubblicamente scusa delle violenze compiute dalle sue truppe e di fronte alla folla che chiedeva di ritirare i guerriglieri dai propri villaggi lui li ha effettivamente ritirati. Non riuscivo a smettere di piangere quel giorno: è vero, è vero, mi dicevo, c’è qualcosa di più potente della violenza.Cosa significa nonviolenza?
Opporsi con una forza morale ad una forza fisica. Toccare e risvegliare la coscienza dell’avversario a prezzo della mia e non della sua sofferenza, accettare che siamo profondamente interconnessi e che non posso disumanizzare l’altro senza disumanizzare me stesso, come dice Desmond Tutu. In breve credere e amare con forza, anche a dispetto della disponibilità altrui, l’umanità dell’avversario. Può sembrare rischiosa e ingenua, ma non dimentichiamo che in occidente noi siano esperti di guerra, non di pace, investiamo in esercito ed armi e interventi militari. Con i risultati che vediamo: Iraq, Libia, Siria, Afganistan.